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Save the cat! - Blake Snyder

Come, anzi ancor più degli altri manuali di sceneggiatura da me letti in precedenza, il libro è utile più che altro per scrivere sceneggiature hollywoodiane di successo commerciale e, in questo, è divertente vedere come molti titoli citati siano oggi caduti nel dimenticatoio (il confronto tra "Miss Congeniality" e "Memento" è oggi decisamente vinto dal secondo, con buona pace di Snyder).
Comunque ho apprezzato la carica motivazionale del libro e, tutto sommato, continuo a pensare che conoscere al meglio le "regole" di una sceneggiatura hollywoodiana "corretta" sia un passaggio fondamentale per poterle infrangere in modo intelligente.

Il fascismo eterno - Umberto Eco

In una cinquantina di pagine, il grande Intellettuale propone, insieme a una rievocazione personale della sua infantile scoperta della libertà e della dittatura (riflessioni che occupano quasi la prima metà dello scritto e le ultimissime pagine), una lista di caratteri che, secondo lui, identificano il concetto di fascismo, inteso come macrofamiglia ideologica reazionaria, esclusivista e con vocazione totalitaria.
Lo scopo non è puntare a mero studio accademico-storico, né proporre un esercizio mentale, ma fornire una mappa per individuare la riemersione del "fascismo eterno" (o "Ur-fascism", come si dice in inglese, lingua in cui nasce il testo sotto forma di simposio), mostrandone la natura polimorfa, auto-contradditoria e in costante evoluzione, ma fissando degli archetipi precisi, senza "dare del fascista a chiunque sia di destra", contro-accusa noiosissima che spesso si sente ogni volta che viene lanciato un "allarme" anti-fascista (ma non dubito che qualcun possa accusare anche un lavoro come questo di Eco di vedere il fascismo ovunque).
Non ho trovato particolarmente sorprendente notare una forte corrispondenza tra i punti elencati dall'Autore e i caratteri di parecchi movimenti, partiti e leader di (estrema) destra globale, da FdI e Meloni a Trump e MAGA, perché per sensibilità politica già ero arrivato a vedere queste analogie, ma la mancata sorpresa non ha smorzato l'inquietudine di ciò.

La zona d'interesse - Martin Amis

Base di partenza dell'omonimo Film di Jonathan Glazer.

Ho usato l'espressione "base di partenza", e non "romanzo da cui è tratto", perché di fatto Glazer prende la narrazione e lo stile del libro di Amis, con vari capitoli tripartiti nei punti di vista di tre personaggi (un ufficiale disilluso, il comandante di Auschwitz e il capo dei Sonderkommando ebrei) e un epilogo (anch'esso tripartito, ma in tre donne a cui l'ufficiale dedica una memoria), compie ulteriori investigazioni e infine lo "getta" per costruire un Film ancora più spiazzante, perché l'Orrore, che nel libro è citato più volte esplicitamente, viene completamente messo fuori campo. Questo forse è dovuto alla scelta, di Glazer, di elevare il comandante Rudolf Höss (a cui è ispirata la figura di Paul Doll nel romanzo) a vero protagonista insieme alla moglie (nel romanzo antagonista a Doll): la logica fredda e calcolatrice dell'uomo, che nei suoi capitoli all'interno del romanzo emerge con scelte precise come l'ossessione per le cifre numeriche e il continuo bisogno di dichiararsi sano, nel Film straripa e domina quasi ogni momento.

Dal romanzo, Glazer riprenderà, con una rielaborazione squisitamente cinematografica, anche l'intromissione di punti di vista criptici: quelli che nel libro erano i capitoli di Szmul, il capo dei Sonderkommando, nel Film si trascrivono in inserti in negativo, in momenti musicali con personaggi misteriosi e, forse, nel pre-finale nell'Auschwitz contemporanea (o forse quel segmento traspone la postfazione?).

Un altro elemento di contatto tra Libro e Film viene dall'onnipresente assenza di "Adolf Hitler" (uso le virgolette come fa Amis nella postfazione): sia nel Libro sia nel Film, non abbiamo "in campo" il dittatore di destra, presente solo in foto (e anche in qualche accenno, nel romanzo). Questo stratagemma, che rischia di rendere Hitler una mera icona, uno spauracchio tanto temibile quanto incorporeo, aiuta invece a incarnare il mistero dell'Orrore che ha portato e/o incanalato. Ma, soprattutto, evita di focalizzare la nostra attenzione sul massimo carnefice, per prestare attenzione a chi ha portato avanti la sua politica, a chi non ha agito per arginarla e a chi, infine, l'ha subita.

Ultimo, e forse più importante, punto di contatto tra Romanzo e Film è il paradosso che si crea tra l'Orrore dei campi di concentramento e la "normalità" con cui la vita di chi, intorno a quel mondo, ruotava sembrava andare avanti.
Detto ciò, penso che il Film di Glazer sia riuscito a dare un contributo maggiore al Tema trattato, ma il Libro di Amis (che dovrei rileggere in english) è già un ottimo punto di partenza.

Cane di paglia - Gordon Williams

The Siege of Trencher's Farm di Gordon Williams è il romanzo da cui Sam Peckinpah trarrà Straw Dogs.
Il Film di Peckinpah (e lo scadente remake) cambieranno notevolmente il materiale narrativo di partenza, dalla caratterizzazione del nucleo famigliare protagonista (la Pellicola toglie la figlia, cambia i nomi, rende la moglie originaria del paesino in cui si trasferiscono ecc.) al finale, ma soprattutto aggiungendo una controversa macrosequenza di stupro non presente nel Libro di Williams. Da un lato questi cambiamenti, macro-sequenza controversa in primis, danno un senso drammatico maggiore alla vicenda, rendendo più tesi i rapporti interni alla coppia e aggiungendo un significato ancor più bestiale alla lotta che il protagonista ingaggia con il gruppetto di uomini locali che assaltano la casa, ma dall'altro non si può negare una sensazionalizzazione della violenza sessuale con potenziale retrogusto maschilista.
Il Romanzo di Williams, anche se meno brillante nella tensione rispetto al Film di Peckinpah, riesce ad avvincere totalmente l'individuo lettore non solo nello sviluppo "action" dell'assedio ma, soprattutto, entrando nella mente e nelle sensazioni "animalesche" che animano i personaggi durante i vari accadimenti.
Insomma, una lettura intrigante.

1: Il seme della distruzione - di Mike Mignola

Prima miniserie a fumetti con protagonista il "ragazzo" infernale del titolo.
Personalmente, trovo che l'ambizione epica della storia risenta un po' dalla brevità della storia (in questo il Film di Guillermo del Toro, che trae ispirazione soprattutto da questa storia), ma già si apprezza molto la Poetica al contempo intellettuale e pulp di Mignola, introducendo con forza il suo magnifico Personaggio.
Prossimamente conto di proseguire la (ri)lettura della serie.

L'arco di trasformazione del personaggio - Dara Marks

In questa edizione ci sono numerosi refusi non corretti (virgole random, parole che spariscono, alcuni errori di battitura...), ma il punto a mio avviso più critico è interno al libro ed è la sua schematicità. Questo però è un "difetto" tipico di ogni manuale di sceneggiatura e va dato atto, a Marks come ad altre persone che si sono cimentate in questo tipo di lavoro, di negare una promessa dogmatica nel proprio metodo.
Di veramente positivo ho trovato, invece, la valorizzazione dell'aspetto tematico come punto di forza delle storie (aspetto oggi denigrato da certe tendenze volte a valorizzare il disimpegno puramente escapistico*) unita all'invito (più che) implicito di interiorizzare la storia che si racconta e, di conseguenza, associare l'arco di trasformazione del personaggio all'arco di trasformazione/consapevolezza di chi scrive.
Una lettura molto interessante, quindi.

*questa tendenza a volte è portata avanti da persone/gruppi più o meno ingenui, ma altre volte (se non spesso) c'è secondo me anche un disegno reazionario per cui si va ad attaccare la scelta di portare avanti certi contenuti, bollandola magari come "propaganda", perché contrari al mondo più o meno fascistoide desiderato da certi personaggi

Red dragon - Thomas Harris

Finalmente oggi, in treno, ho terminato la (ri)lettura, in inglese, di Red Dragon di Thomas Harris.
Le due trasposizioni cinematografiche del romanzo (Manhunter di Mann e Red Dragon di Ratner) sono sostanzialmente fedeli alla narrazione e, in buona parte, anche allo spirito (il Film di Mann però è più personale) del lavoro di Harris, ma alcune sottili variazioni di cui mi ero dimenticat sono ritornate alla mia memoria. In particolare, a differenza soprattutto del film di Ratner e della serie televisiva Hannibal, nel libro è stabilito abbastanza chiaramente che i rapporti tra Will Graham e Hannibal Lecter risalgono a poco prima della cattura dello psichiatra cannibale, venendo quindi a mancare il rapporto di mutua conoscenza e, per certi versi, amicizia che, da un lato, allinea maggiormente il loro legame ai codici hollywoodiani ma, dall'altro, lo rafforza dando maggior sostanza e senso al ruolo di Lecter che, altrimenti, rischia (nel libro) di ridursi ad appendice più o meno sensazionalistica: comunque, il Personaggio di Lecter già qui ha un carisma magnetico e si capisce perché poi ha avuto il successo che ha avuto ritagliandosi, di libro in libro e di film in film (soprattutto dopo l'interpretazione di Anthony Hopkins in The Silence of the Lambs di Demme), sempre più spazio approdando alla citata serie televisiva.
Ma, a parte Lecter, quello che rende avvincente Red Dragon di Harris è il legame a distanza che intercorre tra Will e Francis Dolarhyde aka Tooth Fairy aka Red Dragon, ovvero il serial killer ammazza-famiglie su cui verte l'indagine al centro della narrazione. La complessità del suo modus operandi, a dir poco mutevole, e l'approfondimento del suo background rendono l'Antagonista un personaggio affascinante che stimola, in chi legge, risposte emotive disparate, dall'inquietudine al compatimento, dal disprezzo all'empatia. La caccia che Graham da al killer, fondata su una ricerca empatizzante dai risvolti potenzialmente oscuri, mette in luce le affinità tra il protagonista e l'antagonista, il primo sostanzialmente un potenziale serial killer votato alla cattura dei serial killer.
Non siamo di fronte a un romanzo epocale, probabilmente, ma neanche a un thriller qualunque: non vedo l'ora di proseguire la rilettura (sempre in inglese) della Saga.

Il ciclo di Dune. 1: Dune - Frank Herbert

Terminata in treno, a parte le appendici, la lettura di Dune di Frank Herbert.
Si capisce perché è stato così arduo trasportarlo al Cinema, sia negli anni '80 quando, dopo vari registi "scartati" (tra cui Jodorowsky), ci provò il compianto David Lynch fallendo (ma, a mio avviso, con una sua relativa dignità), sia nei decenni successivi, approdando (dopo un paio di serie tv) soltanto nel decennio attuale per poter arrivare, con Denis Villeneuve, a una (doppia) trasposizione ben apprezzata. Va detto che la trasposizione villeneuveiana, pur nella sua buona qualità e aderenza al Materiale originario, comunque non può a mio avviso ritenersi una trasposizione completa, soprattutto nella seconda parte, più hollywoodiana. Infatti, l'Opera di Herbert presenta una complessità quasi impossibile da portare in una narrazione cinematografica (ma anche serial-televisiva) senza o perdere dei pezzi di mitologia o, in caso di un loro mantenimento, senza appesantire il tutto uscendo dalle logiche filmiche. Come si possono riassumere, in una durata ragionevole e con la giusta dose di intrattenimento, i meccanismi politici sui cui il Libro non solo si dilunga ma addirittura fonda praticamente tutta la sua narrazione? Detto ciò, alcune differenze tra il Romanzo e i due recenti film non rispondono, a mio avviso, a una semplice differenza di linguaggio ma anche a una certa "pavidità" tipica di Hollywood, in particolare per quanto riguarda la famiglia di Paul che, nella (seconda parte della) trasposizione di Villeneuve, viene privata di due componenti infantili. Nell'epilogo, inoltre, Villeneuve cambierà il modo in cui Chani accoglie una scelta politica di Paul togliendo una scomoda "apologia" (sia a sinistra sia a destra) del concubinaggio.
Comunque, al di là dei rapporti con le trasposizioni audiovisive, il Romanzo di Herbert è costruito con notevole forza, integrando bene gli aspetti più narrativi a quelli più descrittivi, incluse le descrizioni dei giochi di potere e delle varie tradizioni politico-religiose dell'Universo rappresentato. Ne risulta una lettura avvincente, che inoltre stimola riflessioni non banali su Tematiche tutt'altro che semplici come il rapporto tra Umanità e Natura, la validità e/o vacuità delle gerarchie di potere, la difficoltà di scindere "bene" e "male" nelle lotte politiche, soprattutto quando intervengono elementi religiosi (con annesso fanatismo) e via discorrendo.
Una magnifica opera di Fantascienza epica che invita a una rilettura (in inglese, per la mia persona) e a un proseguimento dell'esplorazione della serie letteraria.

Tutte le droghe dovrebbero essere legalizzate? - Mattha Busby

Terminata la lettura di Tutte le droghe dovrebbero essere legalizzate? (Should All Drugs Be Legalized?) di Mattha Busby.
Il libro è del 2023 ma probabilmente "è già vecchio" su molti aspetti, come un certo ottimismo verso l'idea di un mondo con politiche sempre meno repressive (prospettiva sempre meno facile da immaginare, visto la crescita abnorme delle peggio destre), e se si cercano riferimenti alla situazione italiana non se ne troveranno (il libro però non si limita a una visione statunitense-centrica). Inoltre non si può dire che il libro sia totalmente privo di suoi pregiudizi ideologici: personalmente non vedo in ciò un problema, perché ogni persona ha una propria struttura ideologica (in parte "unica", in parte "derivata" dall'esterno perché è impossibile evitare totalmente influenze e secondo me spesso chi più si vanta di essere "anti-pensiero unico" è anche più tendente a ripetere concetti espressi da guru vari, probabilmente di estrema destra) e comunque portare avanti un proprio pensiero non esclude affatto la possibilità di avere un approccio (auto)critico e obiettivo, però non posso negare di non essere in sintonia con alcuni passaggi del libro in cui traspare una mentalità "fricchettona-naive" (come in un riferimento sulla medicina olistica) e legalitarista.
Detto ciò, il messaggio pro-legalizzazione "totale" delle droghe non cede a una prospettiva liberista e, soprattutto, lo studio mette in luce come la guerra alle droghe, promossa in particolare dagli usa ma non solo, oltre a essere clamorosamente fallimentare (chi ironicamente dice che "le droghe han vinto" ha ragione), ha provocato, provoca e provocherà danni molto maggiori dell'abbandono di politiche repressive, sia per la salute diretta di chi abusa delle sostanze stupefacenti sia per la violenza che alimenta mentre foraggia gli imperi criminali. Si mette inoltre in luce l'ipocrita doppiopesismo con cui si dividono droghe "legali" (alcool, tabacco, farmaci prescritti, ma anche caffé, té ecc.) e droghe "illegali", di come queste divisioni, insieme alla classificazione di "pesantezza", sia spesso arbitraria e cambi nel tempo, e di come spesso le strategie di repressione servano non tanto a raggiungere il mito dell'assenza di droghe (impossibile, in quanto gli esseri umani, e non solo, da sempre hanno esperienze con sostanze droganti) quanto a reprimere gruppi mal visti da chi detiene il potere (soprattutto se di destra): reprimere chi critica un certo sistema "valoriale" perché critica questo sistema o sorvegliare determinati gruppi etnici per ragioni razziali non suona così bene come reprimere "chi si droga".
Insomma, una lettura molto interessante, anche se probabilmente non esaustiva.

Evviva la neve - Delia Vaccarello

Pensavo si trattasse di una raccolta di storie (vere), in realtà è più una ricerca giornalistica nelle (riprendendo il "sopratitolo") vite di persone trans e transgender. Essendo il libro del 2010, chiaramente non si può definire un lavoro aggiornatissimo, quindi non va usato come fonte d'informazione per l'attualità, ma l'approccio intimista e corale che Vaccarello adotta nella sua narrazione, focalizzando l'attenzione sulle persone direttamente interessate e sulle loro relazioni (famigliari, sentimentali, ma anche ospedaliere) è molto efficace nel rafforzare una dimensione umana e quotidiana, motivo per cui forse come lettura sarebbe da consigliare più a chi ancora (e non solo "a destra") si tiene in una posizione di estraneità alla questione, ma forse bisognerebbe consigliare caldamente un percorso di seria decostruzione dei codici dettati dalla ciseteronormatività che purtroppo buona parte della popolazione (ribadisco, non solo "a destra") continua a interiorizzare acriticamente.

M. [1]: Il figlio del secolo - Antonio Scurati

A parte l'elenco dei personaggi principali, ho finalmente terminato la lettura di M - Il figlio del secolo di Antonio Scurati.
Pur usando la narrazione in terza persona (fatta eccezione l'uso della prima persona nel "capitolo" di apertura e in quello di chiusura), abbracciando uno sguardo corale di punti di vista, inserendo stralci di documenti storici e riducendo al minimo i dialoghi diretti, questo romanzo racconta l'ascesa di benito mussolini con un'intimità tragica, costruendo una figura anti-eroica fedelissima alla Storia ma, pur non abbracciando la demonizzazione (che, a mio avviso, non fa mai bene, e non per questioni di moderatismo ma perché, demonizzando il nemico, gli si toglie la responsabilità umana e, per assurdo, si rende inutile ogni istanza di rivolta contro di esso), si evita la mitizzazione, anche mascherata e/o ambigua, che l'estrema destra attualmente al potere, a 100 anni quasi esatti di distanza dalla presa del potere del fascismo storico di cui è erede diretta, vorrebbe sotto sotto (e forse neanche così "sotto sotto") fare del duce.
Scurati, inoltre, riesce a rendere palpabile l'atmosfera tesissima del periodo storico affrontato rivelando anche una certa "casualità" e inconsapevolezza dell'avvento del fascismo e, forse, questo è il lavoro di massima demitizzazione che il romanzo compie su questo fenomeno: privato della natura "fatalistica" ricostruita a posteriori, che vede la salita al potere di mussolini come un fatto inevitabile, il potere fascista perde la sua aurea (anti)eroica mostrando una confusione che, con avversari diversi (e istituzioni diverse), sarebbe scoppiata in una bolla di sapone. Anche lo svelamento di divisioni e beghe interne contribuisce ad abbattere il fascino del fascismo sgretolandone la pretesa di unitarietà monolitica.
Insomma, un ottimo romanzo.

Lasciami entrare - John Ajvide Lindqvist

Terminata la lettura di <i>Lasciami entrare</i> (<i>Låt den rätte komma in</i>) di John Ajvide Lindqvist, Romanzo alla base dell'omonimo Film di Tomas Alfredson (più del remake di Matt Reeves e della serie televisiva del 2022).
Sostanzialmente l'Opera cinematografica di Alfredson rimane abbastanza fedele alla narrazione e allo spirito dell'Opera letteraria di Lindqvist anche se, com'è naturale che accada, andrà a sfoltire parte del materiale di partenza. In particolare, il Libro dà molto più spazio a diversi personaggi secondari e sottotrame, in particolare dando rilievo a Tommy, amico più grande del protagonista Oskar e totalmente assente nella trasposizione filmica. Un altro aspetto molto importante (ed estremamente SPOILEROSO) riguarda il genere di Eli: analogamente a quanto accade a Sadako nel passaggio dal romanzo "Ringu" di Suzuki all'omonimo Film di Nakata, anche qui Eli nel Film di Anlfredson viene fatta passare al femminile mentre nel Romanzo di Lindqvist si esplicita la sua mascolinità. In realtà, però, più che "cambiare genere" il Film decide di mantenere il più possibile ambigua la natura di Eli e questo investe anche la sua sfera sessuale e di genere, e in questo anche il Romanzo, pur svelando un retroscena abbastanza crudo della trasformazione in vampiro del Personaggio, fino alla fine continua ad adottare un approccio a mio avviso non cisetero nel trattarlo.
Un'altra profonda differenza tra Romanzo e Film consiste nella maggior crudezza del primo rispetto alla delicatezza del secondo: crudezza per quanto concerne la violenza fisica, con una sottotrama riguardante vampiri guidati dal mero istinto, ma soprattutto una crudezza nell'affrontare il sesso, con una forte e disturbante presenza di pedofilia.
Personalmente credo di continuare a prediligere la maggior delicatezza e misteriosità del Film di Alfredson, ma il Romanzo di Lindqvist è pure, a mio avviso, un Capolavoro dell'Horror contemporaneo, in grado di stimolare riflessioni complesse sull'essere umano e la società. Consigliatissimo, quindi!

Il cinema secondo Hitchcock - François Truffaut

Si tratta di un Monumento imperdibile per chiunque ami l'Arte cinematografica, e infatti sentivo un certo senso di colpa per non averlo ancora letto fino ad ora.
Non saprei bene cosa dire a riguardo, visto che si tratta di un'intervista fiume (più un prologo e un capitolo aggiunto dopo la morte dell'Autore britannico) in cui non solo i due Cineasti sviscerano la Filmografia hitchcockiana, con sguardo sì ammirato (per Truffaut) e soddisfatto (per Hitchcock) ma anche capace di (auto)critica (per entrambi) decisa, aggiungendo anche interessanti aneddoti sulle genesi produttive e la vita di Hitchcock, ma si arriva più volte a esprimere una lucida teorizzazione di come fare Cinema, per raggiungere il grande pubblico mantenendo però una certa autorialità (questo è soprattutto Truffaut che lo nota nel suo "Maestro").
Recensirlo quindi non ha molto senso, a mio avviso, ma posso dire di aver trovato parecchi spunti interessanti per come guardare il Cinema e, soprattutto, per come eventualmente farlo in prima persona.
Magari non tutti i concetti sono da me condivisi pienamente, ma sicuramente le idee di Truffaut e, in particolare, di Hitchcock sono miniere d'oro da esplorare e tenere a portata di mano, motivo per cui auspico successive riletture.

Povere creature! - Alasdair Gray

Lo scheletro narrativo e tematico è sostanzialmente simile in entrambe le Opere (riassumendo molto, molto brevemente, una sorta di reinvenzione del Frankenstein di Mary Shelley con inserti riflessivi filo-socialisti e filo-femministi), ma le numerose differenze saltano all'occhio, soprattutto nella caratterizzazione di diversi personaggi, anche molto importanti, e in varie svolte narrative. Molto intrigante, e strettamente correlata alla natura del Libro (motivo per cui, a differenza di altre mie letture, ho aspettato di arrivare fino all'ultimissima pagina delle appendici prima di proporre un commento), è la costruzione a matrioska della storia, ulteriore punto di contatto con Frankenstein e anche fonte di un simpatico gioco metaletterario. Gray parte presentando la storia come frutto del ritrovamento di un manoscritto del dottor McCandless, marito della Protagonista Bella Baxter, in cui si inseriscono anche due interventi epistolari, uno di Duncan e l'altro (molto più lungo) di Bella. Concluso il libro di McCandless, viene allegata una lettera della Protagonista, che rielabora la propria storia smentendo diversi caratteri, soprattutto quelli più fantastici, della narrazione del marito. Infine, torna la voce di Gray con delle annotazioni "critiche" e "storiche" su alcuni passaggi della storia, culminanti in un resoconto non ottimistico ma affascinante della vita di Bella/Victoria dopo gli eventi appartenenti alla narrazione principale.

Oltre al brillante gioco linguistico, che spero di poter godere in futuro ancor meglio con una lettura in inglese, come dicevo in apertura il Libro ha già in sé diversi degli elementi contenutistici filo-femministi e filo-socialisti che poi Lanthimos riprenderà nel suo Film e, come per certi versi era prevedibile (un lungometraggio hollywoodiano, per quanto autoriale, quasi inevitabilmente dovrà tenere un attimo a freno certe sfumature ideologiche), nell'Opera di Gray questi elementi, seppur conditi con una buona dose di (auto)ironia (anzi, proprio perché conditi da essa), assumono caratteri più espliciti e radicali, mettendo a nudo non solo l'ingiustizia del sistema patriarcale capitalista occidentale (chiaramente si usa un'ambientazione passata per parlare del presente) ma pure la sua intrinseca e ridicola stupidità. Da anarchista, non posso non apprezzare assai tutto ciò, soprattutto se viene espresso attraverso un linguaggio narrativo più o meno accessibile anche a un pubblico meno politicizzato.

Insomma, un magnifico Romanzo di cui consiglio caldamente la lettura, anche se per un po' in biblioteca sarà difficile trovarlo in tempi brevi mi sa.

Il viaggio dell'eroe - Christopher Vogler

Come dice benissimo lo stesso Vogler nella conclusione del libro, non si tratta tanto di una struttura immutabile dogmatica, che va seguita per forza perché altrimenti non si scrive una buona storia, ma una guida, una mappa (bella immagine usata dall'autore) con cui per orientarsi sia nella costruzione di una nuova storia sia nell'analisi di storie già narrate, soprattutto pensando alle tipologie più convenzionali, più adatte a un grande pubblico, in particolare quando si parla del cinema (hollywoodiano). Personalmente ho trovato interessante vedere come il libro affronta varie tappe e personaggi archetipici che accomunano bene o male un po' quasi tutte le storie per dare appunto una mappa in generale.
Magari non è un tipo di approccio che rispetterei a 360 gradi (anzi!) e la lettura non mi ha "convertit" a vedere questo modello come massima guida spirituale narrativa, così le (prime) lezioni di sceneggiatura avute alcuni mesi fa a scuola non hanno completamente plasmato la mia persona ad accettare in maniera fideistica la struttura dei tre atti (tra l'altro presente anche nel viaggio dell'eroe. Come dicevo, però, ho trovato molto interessanti gli stimoli che la lettura ha suscitato sulla mia curiosità, sia per valutare opere già fatte sia per poter idealmente costruire o ricostruire miei progetti personali.
Insomma, potrei riprendere in futuro questo libro come mappa creativa e/o critica, anche se ci tengo a ribadire che io rimango più per un approccio libertario alla narrazione.
Un piccolo appunto: curiosamente, prima di leggere la Conclusione, avevo anticipato un invito che fa l'autore, ovvero quello di trovare le nostre metafore personale. Infatti avevo mentalmente improvvisato un trip su metafore da usare per parlare di vari tipi di approccio alla narrazione, da quello più classico a quello più sperimentale, utilizzando le tipologie di viaggio (da quello più "lineare" focalizzato sul raggiungimento di una meta a quello invece fondato sul perdersi) come immagine.
Comunque, una lettura interessante: ora però mi interessa leggere versioni alternative di questo modello, in particolare alcune in ottica femminista.

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