È un romanzo distopico, ambientato in un futuro inquietante dominato da automi che stanno per sostituirsi completamente all'uomo. È un libro sicuramente provocatorio, che fa tanto riflettere e che descrive una situazione che, per quanto immaginaria, si dimostra tutt'altro che improbabile e distante. Fin dalle prime pagine si viene subito proiettati nel futuro, scoprendo presto che il punto di vista della narrazione in terza persona è quello di un robot. Al suo, si aggiungono altre due voci narranti in prima persona, quelle di un uomo e di una donna, destinati ad essere gli ultimi superstiti del genere umano. Angosciante e preoccupante il mondo descritto da Walter Tevis: un mondo in cui non esistono più libri, in cui nessuno sa più leggere e scrivere, in cui i bambini sembrano essere scomparsi, in cui non si ricordano più il passato e la storia e non esistono auto ed aerei, in cui non esiste più la famiglia ed il cibo è finto e sintetico, un mondo in cui le persone non sanno più conversare e sono costantemente sotto l'effetto di stupefacenti, che rendono tutti lenti, taciturni, solitari e dagli occhi vuoti. Ciò che regna sono la solitudine e l'assenza di sentimenti, in una realtà in cui "la gente non sa fare più nulla da sola" e, addirittura, tende a farsi sostituire in ogni cosa dalle macchine, che privano i loro creatori di tutte le relazioni sociali e familiari, puntando all'interiorità, al rispetto della privacy, all'autogratificazione e dimenticando che l'uomo non è fatto per stare da solo e che non può bastare a se stesso. Da tutto ciò non può derivare che un senso di insoddisfazione ed infelicità che, purtroppo, può addirittura sfociare in un atto estremo quale il suicidio. Tutto ciò viene descritto attraverso le parole di Bentley, in una sorta di diario. In questo tragico scenario non manca però la speranza di bloccare questa distruzione e questa invasione: si assiste così alla riscoperta di valori e sentimenti che possono fare la differenza nella vita di una persona, quali l'amore, la tenerezza, l'innamoramento, l'amicizia, la gentilezza, la famiglia.Tevis è bravissimo ad analizzare le cause che portano alla riduzione della popolazione: la paura della sovrappopolazione, il perfezionamento delle tecniche di sterilizzazione, l'interesse eccessivo per le esperienze interiori, lo scarso interesse verso i bambini, il desiderio di evitare le responsabilità. E descrive alla perfezione l'assuefazione e l'assenza di lucidità causata dall'uso di stupefacenti. Vi è poi una velata accusa nei confronti di chi abusa dell'uso della tecnologia: il mondo è davvero così brutto per guardarlo solo dall'esterno? La fatica è davvero così insopportabile per cercare di annullarla completamente facendosi sostituire? Vivere con gli altri causa davvero solo dolore e infelicità? Tante domande su cui interrogarsi per riscoprire una verità che non potrà mai essere messa in discussione: la felicità non può che essere al centro dell'amare e dell'essere amati, come scopre Bentley ("quello che avevo voluto, quello che avevo brasato anche allora, era essere amato. E amare."). Mi è piaciuta molto anche la scelta di utilizzare i libri come strumento di salvezza e di memoria, una fonte inesauribile di passato, vita, radici e insegnamenti. Bellissimo anche il punto di vista del robot, che mosta i limiti di una macchina che si crede spesso infallibile, e che mostra la sua umanità nel desiderio di poter scegliere per sé. Un ultimo appunto anche sul titolo, che nel libro diventa un leitmotiv: il mimo (mockingbird) è un uccello molto diffuso in America, che imita perfettamente il canto di qualsiasi altro uccello, come i robot possono imitare l'uomo, ma mancherà loro sempre un'importante componente che non potrà mai essere riprodotta se non da un cuore che pulsa e si emoziona. Un libro davvero ben scritto, scorrevole e intriso di dolcezza e nostalgia in un mondo immaginario che risulta dominato dalla freddezza della tecnologia.