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Torino : Einaudi, 2023
Abstract: Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire. Per questo Lucia, che una notte di trent’anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al Dente del Lupo c’erano tutti. I pastori dell’Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c’erano più. Amanda prende per un soffio uno degli ultimi treni e torna a casa, in quel paese vicino a Pescara da cui era scappata di corsa. A sua madre basta uno sguardo per capire che qualcosa in lei si è spento: i primi tempi a Milano aveva le luci della città negli occhi, ora sembra che desideri soltanto scomparire, si chiude in camera e non parla quasi. Lucia vorrebbe tenerla al riparo da tutto, anche a costo di soffocarla, ma c’è un segreto che non può nasconderle. Sotto il Dente del Lupo, su un terreno che appartiene alla loro famiglia e adesso fa gola agli speculatori edilizi, si vedono ancora i resti di un campeggio dove tanti anni prima è successo un fatto terribile. A volte il tempo decide di tornare indietro: sotto a quella montagna che Lucia ha sempre cercato di dimenticare, tra i pascoli e i boschi della sua età fragile, tutti i fili si tendono. Stretta fra il vecchio padre così radicato nella terra e questa figlia più cocciuta di lui, Lucia capisce che c’è una forza che la attraversa. Forse la nostra unica eredità sono le ferite. Con la sua scrittura scabra, vibratile e profonda, capace di farci sentire il peso di un’occhiata e il suono di una domanda senza risposta, Donatella Di Pietrantonio tocca in questo romanzo una tensione tutta nuova.
8 agosto 2024 alle 19:22
È il libro vincitore del premio Strega 2024. Io credo però che, per apprezzare il libro, sia necessario valutarlo aldilà del premio vinto. Questo perché si mostra un libro semplice, senza colpi di scena, dalla trama lineare e ciò che colpisce, a mio avviso, non è la storia raccontata, per quanto grave, ma le conseguenze e le fragilità che comporta, sia per le vittime dirette, ma anche per le persone con cui queste ultime hanno dei legami. Ed è qui che riporta il titolo del libro: una fragilità che non ha età, che può colpire chiunque, che mette paura, che modifica le relazioni... e che rende indispensabile esserci, anche quando si crede non sia necessario: "In certi momenti bisogna esserci nella vita dei figli, anche se sembra inutile." Donatella Di Pietrantonio mette al centro la fragilità dei legami: quelli tra genitori e figli, in cui l'attaccamento materno (in questo caso) rende difficoltosa l'accettazione che un figlio vada per la propria strada, che può essere anche diversa da quella che si auspicava per lui. Spesso le rinunce dei figli diventano fallimenti per i genitori, ma spesso la felicità si nasconde proprio in quelle rinunce. Ma anche la fragilità di un matrimonio, se le incomprensioni non vengono affrontate con il dialogo; o anche la fragilità di un'amicizia, se non si fonda su fiducia, sincerità e conforto. Innegabile poi la fragilità conseguenza di un trauma subito, impossibile da cancellare, capace di minare la sicurezza nel profondo... una ferita che richiede comprensione e presenza dei legami più forti. L'autrice si è ispirata ad un fatto di cronaca nera realmente accaduto nella sua terra, in Abruzzo; probabilmente al delitto del Morrone, in cui persero la vita due giovani ragazze e ne sopravvisse solo una, come nel romanzo. Anche qui entra in gioco un altro tema importante: il coinvolgimento di un'intera comunità, l'eco di un delitto su tutto il paese, il cui nome sarà sempre legato a questo misfatto, motivo di tristezza, ma soprattutto di vergogna, per tutti. Il libro è scritto in prima persona: la voce narrante è quella di Lucia, alle prese con una figlia distante ed un passato che continua a bussare. Vi sono così diversi salti temporali, non sempre individuabili nell'immediato, in quanto ogni capitolo si apre con un personaggio che è possibile individuare solo procedendo nella lettura: forse a sottolineare il labile confine tra presente e passato, quando quest'ultimo continua ad cessere una presenza rilevante. La scrittura è scorrevole, i capitoli molto brevi, così come le frasi, concise e dirette. Spesso i discorsi vengono riportati in forma indiretta da chi racconta, focalizzando la narrazione su un unico punto di vista. Una lettura che non ho amato alla follia, ma che sicuramente ho apprezzato.
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